Quando sulla confezione leggi “Da consumarsi entro” scopri perché è importante fare attenzione in cucina

Quando sulla confezione leggi “Da consumarsi entro” scopri perché è importante fare attenzione in cucina

Franco Vallesi

Dicembre 28, 2025

Ogni volta che mettiamo mano al portafoglio per comprare qualcosa da mangiare, l’etichetta che indica la data assume un ruolo tutt’altro che marginale nella sicurezza del prodotto. Spesso, però, capita di confondere la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” con la classica data di scadenza. Errore comune, lo troviamo ovunque – da Milano a Napoli – e purtroppo finisce per far buttare cibi ancora buoni o, peggio, portare in tavola alimenti da evitare. Dietro a questa confusione si cela un vero tema di sicurezza alimentare, che interessa soprattutto chi ha difese immunitarie più fragili come bambini, anziani e persone malate. Ogni anno, nelle grandi città italiane, si contano diversi errori su questo punto. Ecco perché conoscere la distinzione tra data di scadenza e termine minimo di conservazione aiuta a non sbagliare e a non sprecare.

La differenza fondamentale tra scadenza e termine minimo di conservazione

Non è roba da poco. La frase “scade il” segnala chiaramente quando un alimento deve essere mangiato per evitare problemi di sicurezza microbiologica. Trascorsa quella data, specie nei freschi – pensiamo a carne, pesce o latticini – il rischio di intossicazioni alimentari cresce notevolmente. In certe situazioni, è meglio non giocare con la sorte e lasciar perdere il cibo.

Quando sulla confezione leggi “Da consumarsi entro” scopri perché è importante fare attenzione in cucina
Un’arancia completamente ricoperta di muffa, un esempio di alimento non più idoneo al consumo. – alimentaribuongustaio.it

Il termine minimo di conservazione (TMC), segnalato da “da consumarsi preferibilmente entro”, invece, riguarda la qualità: gusto, aroma e consistenza garantiti fino a quel momento. Oltre quella data? Spesso si può mangiare ancora, anche se l’alimento – diciamolo – può aver perso un po’ del suo sapore o della consistenza iniziale. I prodotti secchi o a lunga conservazione, come pasta, biscotti e cioccolato, sono gli esempi tipici.

Chi abita in città spesso non ha ben chiaro questo dettaglio, e l’etichetta finisce per essere considerata solo un suggerimento. E così si sprecano alimenti o ci si espone a rischi evitabili se si prestasse più attenzione alle indicazioni.

Cosa succede davvero dopo la data “da consumarsi preferibilmente entro”

Quando si oltrepassa la data indicata con “da consumarsi preferibilmente entro”, non significa che l’alimento stia per diventare pericoloso. I cambiamenti riguardano più la qualità percepita. Un biscotto, per esempio, può diventare meno croccante; la pasta può perdere un po’ l’aspetto brillante; il cioccolato, magari, mostra una patina biancastra causata dalla separazione naturale dei grassi. Estetica e gusto un po’ giù, ma niente di tossico.

Prodotti a lunga durata, come cereali, legumi secchi, riso e conserve, restano generalmente sicuri anche settimane dopo quella data, soprattutto se tenuti in posti asciutti e con la confezione intatta. In questi casi l’esperienza personale – vista, olfatto e gusto – si fa decisiva per capire se vale la pena consumare o no. Se la confezione è gonfia, l’odore è strano o la consistenza diversa, meglio non rischiare: segnali che indicano possibili problemi.

Il trucco sta nel saper osservare con attenzione, imparare a leggere i dettagli – e qui ci vuole pratica – magari confrontando l’alimento prima e dopo l’apertura o la cottura. Chi ci fa caso, sa bene che così si evitano sprechi senza mettere a repentaglio la salute.

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