La decisione di riconoscere la cucina italiana come patrimonio dell’umanità ha scatenato un acceso dibattito, specialmente nelle zone dell’Alto Adige. Qui, la tradizione gastronomica si mescola strettamente con questioni di identità culturale. C’è chi nella comunità di lingua tedesca ha reagito con slogan affilati come “Südtirol ist nicht Italien”, sostenendo che i canederli non siano italiani. Un chiaro segnale di una spaccatura, non solo storica ma anche culturale, visibile proprio attraverso il cibo: diventato simbolo d’appartenenza.
Da qualche tempo, l’episodio chiamato “canederli-gate” mette in luce queste forti tensioni sull’identità culinaria e culturale percepita. Ma è bene ricordare che questo piatto non appartiene soltanto all’Alto Adige: il vicino Trentino da sempre lo fa suo, come parte integrante della tradizione gastronomica italiana. Chiunque lavori quotidianamente con queste ricette conferma il valore autentico e radicato di questi piatti nelle cucine locali.
Nei ristoranti del Trentino i canederli non mancano quasi mai: diventati quasi un simbolo di una cucina regionale che, curiosamente, condivide molto con quella altoatesina. Lo stesso vale per lo speck. Nonostante l’identità territoriale molto forte, è riconosciuto come un prodotto essenziale della gastronomia italiana. Insomma: chef e operatori alimentari dimostrano che queste sottigliezze culturali si vivono davvero, ogni giorno, tra un servizio e l’altro, specialmente nelle stagioni di confine.
La querelle culturale dietro il riconoscimento Unesco
Il riconoscimento Unesco ha fatto emergere in modo netto le tensioni in Alto Adige, dove il dualismo linguistico e culturale è una realtà consolidata da tempo. Non stupisce quindi che parte della popolazione germanofona veda la cucina italiana come qualcosa di distante; a tratti quasi estraneo. In questo gioco di emozioni, il cibo diventa un vero e proprio simbolo d’identità: un terreno non solo di confronto, ma anche di condivisione, seppur complicata.

Chi vive in Alto Adige nota subito l’impronta alpina e nordica della cucina locale: canederli, speck, prodotti tipici che spesso sono considerati – soprattutto dai media locali – lontani dalla tradizione culinaria italiana standard. Proprio i media sembrano accentuare questo divario culturale, rafforzando l’idea di una distanza che fatica a colmarsi.
Dall’altra parte, chi lavora nella ristorazione ricorda che molti elementi gastronomici sono condivisi tra Trentino e Alto Adige, spesso le differenze sono sfumature più che barriere nette. Si parla allora non solo di identità regionali, ma anche di cosa significhi veramente “cucina italiana”. Un punto che sfugge specialmente a chi vive nei grandi centri urbani, ma che appare evidente tra cucine e strade delle aree di confine.
Canederli e speck: simboli a doppio volto della tradizione locale
Nel cuore del dibattito ci sono i canederli. Nonostante le polemiche, questo piatto è conosciuto e consumato in buona parte della zona alpina, radicato anche in Trentino e riconosciuto come parte del patrimonio gastronomico italiano. Più che un’esclusività culinaria, la questione sembra ruotare attorno a percezioni sociali e culturali.
Chi conosce bene la tradizione – come ristoratori con formazione alberghiera e gestori con esperienza pluriennale – lo ripete spesso: i canederli sono parte integrante del menu trentino da decenni, e mai sono stati esclusi dalla cucina italiana locale, anzi.
Lo speck, nato e sviluppatosi in Alto Adige, è ormai un simbolo forte del gusto italiano, anche se porta con sé una spiccata identità territoriale. La vicenda dimostra quanto sia intrecciata e complessa la tradizione culinaria di queste zone alpine e quanto ogni stagione porti nuove riflessioni su cosa sia davvero italiano e cosa no. Una realtà delicata, tangibile ogni giorno, sulle tavole e nelle cucine di queste terre di confine.
