Utensili da cucina in plastica: rischi nascosti per la salute che molti ignorano

Utensili da cucina in plastica: rischi nascosti per la salute che molti ignorano

Franco Vallesi

Dicembre 15, 2025

La presenza di utensili in plastica nera nelle cucine di casa è ormai una consuetudine diffusa, ma un esame più attento rivela problemi più seri del previsto. Recenti analisi effettuate in diversi laboratori europei mostrano che questi prodotti, spesso dati per innocui, possono contenere sostanze chimiche provenienti da componenti elettronici dismessi. Si tratta di un fenomeno legato al riciclo delle plastiche usate, che finisce per riportare in ambito domestico impurità tossiche difficili da individuare e probabilmente dannose per la salute quotidiana.

Utensili in plastica nera: cosa nascondono

Le indagini più aggiornate rivelano la presenza consistente di ritardanti di fiamma bromurati, in particolare i polibromodifenileteri (PBDE), nelle parti più esposte degli utensili, come i manici e le superfici a contatto con il calore. Questi composti, originariamente impiegati per proteggere da incendi componenti elettronici, sono ormai riconosciuti come interferenti endocrini e potenzialmente cancerogeni. Le normative europee, con limiti molto rigidi fissati dall’EFSA, permettono un massimo di 10 parti per milione (ppm) per il deca-BDE; tuttavia, i controlli rilevano valori anche 2000 volte superiori, segnalando un problema serio nell’uso di plastiche rigenerate non adeguatamente controllate.

Utensili da cucina in plastica: rischi nascosti per la salute che molti ignorano
Cannucce di plastica colorate: un oggetto comune che, seppur non direttamente trattato nell’articolo, si ricollega al tema dei rischi della plastica. – alimentaribuongustaio.it

Un aspetto critico riguarda la scarsa trasparenza nelle etichettature di questi utensili, che spesso non riportano informazioni chiare sulla loro idoneità al contatto con gli alimenti. Questo rende difficile per i consumatori distinguere tra prodotti sicuri e altri potenzialmente dannosi. Le aziende produttrici affermano che la plastica impiegata rispetta le norme per altri usi, come giocattoli o dispositivi elettronici, ma la certificazione per l’uso in cucina raramente è presente, introducendo così un’incertezza che chi vive in città nota solo confrontando i prodotti sul mercato.

Il problema nasconde una criticità più ampia legata alla gestione del riciclo della plastica nera, spesso proveniente da apparecchi elettronici dismessi. Questi materiali, quando non filtrati adeguatamente, portano all’introduzione di sostanze pericolose nell’ambiente domestico. Non sorprende quindi che in più Paesi europei, da Germania a Paesi Bassi, siano già stati avviati richiami volontari per richiamare dal mercato lotti di utensili contaminati, un segnale che fa emergere una questione di sicurezza ancora poco conosciuta dal pubblico.

Il riciclo e i rischi sottovalutati per la salute

L’origine della plastica usata negli utensili è cruciale per comprendere la problematica. Gran parte deriva da componenti elettronici dismessi, materiali che contengono ritardanti di fiamma introdotti per motivi di sicurezza. Tuttavia, il passaggio di questi materiali nella filiera del riciclo senza adeguati controlli consente che queste sostanze tossiche finiscano in prodotti destinati alla cucina, creando un rischio silente all’interno della catena alimentare domestica.

I dati raccolti nelle analisi mostrano concentrazioni allarmanti: il livello medio di deca-BDE raggiunge circa 22.800 ppm, mentre per il penta-BDE si registrano valori attorno a 3.500 ppm, ben al di sopra dei limiti europei di 10 e 5 ppm rispettivamente. Più dell’85% dei campioni testati supera la soglia consentita, suggerendo che non si tratta di un fenomeno isolato ma di una criticità strutturale diffusa. Di conseguenza, alcune aziende hanno adottato ritiro volontario di lotti dal mercato, ma in molte case italiane questi utensili continuano a essere utilizzati quotidianamente.

L’esposizione ai PBDE avviene soprattutto per contatto con superfici contaminate e attraverso il trasferimento negli alimenti durante la preparazione dei cibi. Studi internazionali indicano che un’esposizione cronica può causare disturbi endocrini, con effetti sulla tiroide e sulla fertilità, e mostra legami con problematiche nello sviluppo neurologico nei bambini. Altri rischi emergono durante la cottura o il lavaggio a temperature elevate, che favoriscono il rilascio di queste sostanze nocive nel cibo o nell’ambiente domestico sotto forma di microplastiche, un’aspetto noto ma spesso ignorato da chi cucinano ogni giorno.

Verso nuove regole e abitudini più sicure

L’attenzione crescente verso questa problematica ha spinto la Commissione europea a considerare una revisione della normativa REACH sui ritardanti di fiamma bromurati, con l’obiettivo di introdurre un obbligo di tracciabilità delle plastiche riciclate destinate ad entrare in contatto con alimenti entro il 2025. Anche in Italia si valuta l’adozione di normative specifiche che impongano standard chiari nella certificazione e nell’etichettatura degli utensili, soprattutto quelli importati da Paesi extra-UE.

Nel frattempo, molti consumatori stanno orientandosi verso l’uso di utensili in materiali considerati più sicuri, come l’acciaio inox, il legno non trattato o il silicone certificato. Queste alternative, anche se più costose, offrono maggiore durata e riducono il rischio di contaminazione chimica, una scelta che sta guadagnando terreno in diverse famiglie italiane. Parallelamente cresce l’interesse per pentole e teglie con rivestimenti in ceramica o in vetro borosilicato, che garantiscono un livello più elevato di sicurezza nell’uso quotidiano.

Un dettaglio spesso trascurato riguarda il costo di questi cambiamenti: l’aumento stimato della spesa si aggira intorno a 30-40 euro a famiglia, un investimento relativamente contenuto se confrontato ai potenziali rischi sanitari di un’esposizione continua a sostanze tossiche. La necessità di maggiore trasparenza e di un controllo rigoroso sulla qualità dei materiali in cucina è un’esigenza che appare oggi più urgente, per evitare che azioni semplici come mescolare un piatto possano trasformarsi in un rischio invisibile per la salute.

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